Per orientarsi nelle difficoltà legate all’essere donna oggi può essere utile ascoltare una conferenza, leggere un articolo, vedere un film, partecipare a un dibattito.
Altrettanto lo è l’angoscia, che nel linguaggio tecnico è un termine più preciso, ma nel linguaggio comune viene invece usato con più titubanza perché suona più grave. L’ansia accompagna la maggior parte dei disturbi psichici e quindi non è un segnale specifico. Può diventare così intensa e circoscritta da avere la forma dell’attacco di panico. Ma si presenta anche da sola, in assenza di malesseri più strutturati. Oggi è talmente diffusa che vale la pena chiedersi: perché?
Possiamo rispondere che l’ansia accompagna il disagio delle civiltà, è la spia dei conti che non tornano per il soggetto e riflette il modo in cui i conti non tornano nella società.
Il momento storico in cui viviamo produce un’ansia particolare. La difficoltà di legami veri e la presenza assidua dei media (TV, web e dispositivi interattivi) definiscono sempre più una realtà incerta i cui confini sono poco distinti dalla finzione virtuale e dal sogno ad occhi aperti. Le suggestioni offerte dai media forniscono l’illusione di acquistare la propria esistenza in piccoli segmenti di vita proposti dal mercato, che si possono cambiare e giustapporre nell’arco dell’esistenza.
Il mercato offre l’idea che “essere” è “divenire” e che il nuovo soggetto di oggi è senza identità. Il senso di vuoto d’identità è nascosto dalla convinzione sempre più diffusa che anche l’identità sia un gadget tra gli altri, da scegliere acquistare e che la vita sia una serie infinita di momenti teatrali, di eventi drammatici e di trasformazioni personali in cui immedesimarsi.
Tuttavia l’interlocutore mediatico è disincarnato, gli amici sono virtuali.
In questa virtualità dell’altro, la persona è sola, senza ancoraggio né ad un’identità, né ad uno stile di godimento suo proprio, stabile e soddisfacente.
L’ansia è la compagna di questa solitudine profonda. Spinge il soggetto all’acquisto di esperienze di vita vicarianti, e fa da motore ai consumi del cosiddetto cultural capitalism, il mercato contemporaneo che rende disponibili pezzi di corpo, embrioni, identità virtuali.
Insomma, il soggetto autonomo supposto avere il perfetto e totale controllo di se stesso, convinto di poter scegliere l’identità che gli conviene, di poter essere costantemente produttivo e consumatore è un ideale del nostro tempo. Ma questo ideale incontra la sua verità nell’ansia.
Il mercato dei farmaci ha una vasta offerta per l’ansia e l’angoscia. Quel che è interessante è il modo in cui viene fatta l’offerta. La pubblicità di un noto antidepressivo, poco tempo fa, mostrava una donna angosciata in un momento di vita familiare, la famiglia intera era disturbata dalla sua presenza, tutti avevano perso la felicità familiare. Poi la donna mandava giù il farmaco e tornava l’armonia familiare. Un messaggio del genere istilla senso di colpa in chi non opta per il farmaco. Senso di colpa per essere quella che rovina la vita della famiglia.
Invece l’ansia è il segnale che può mettere il soggetto in rapporto con il suo desiderio. Ha una funzione positiva. E’ segno del desiderio di vita che si oppone a una esistenza da ombre.
Dell’ansia e degli altri sintomi femminili parleremo nella conferenza del 14 marzo “Interpretare i sintomi”.
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