Per orientarsi nelle difficoltà legate all’essere donna oggi può essere utile ascoltare una conferenza, leggere un articolo, vedere un film, partecipare a un dibattito.
Il sesso del leader cambia le caratteristiche della leadership?
(L’Economist del 6 giugno 2015)
In un articolo intitolato Sex in the boardroom (Sesso nella sala di comando), l’Economist si interroga su alcuni studi (McKinsey 2007 e 2008) secondo i quali le donne avrebbero una propensione ad uno stile di leadership particolarmente adatto alle aziende moderne, che sono poco gerarchizzate ed attuano modelli decisionali partecipativi, attenzione alla crescita professionale dei lavoratori e al loro coinvolgimento. Coloro che sostengono che le donne sarebbero più adatte a gestire le aziende moderne sottolineano come le donne manager siano capaci di combinare caratteristiche di management maschili (di cui non mancano) e femminili a seconda delle necessità.
Inoltre sostengono che alla base delle differenze di genere nella leadership vi sarebbe una differenza di valori: le donne sarebbero più propense alla compassione e alla correttezza rispetto agli uomini. A questo proposito la stessa rivista londinese considera che in effetti le donne votano più degli uomini per partiti che attribuiscono valore alla compassione e che le decisioni aziendali prese dalle donne comportano in genere meno licenziamenti e più donazioni ad iniziative di beneficenza.
Però, l’autore dell’articolo propone di interrogare l’affermazione che le donne sarebbero dei migliori leader, attraverso almeno tre considerazioni.
La prima. Non è corretto partire dalle caratteristiche complessive del genere femminile per fare considerazioni su cosa sarebbe una leadership femminile; infatti questo procedimento non tiene conto delle notevoli differenze che esistono tra le donne e quindi del fatto che – sebbene in generale si rilevi una maggiore propensione alla compassione nei gruppi composti da donne – le donne che arrivano ai posti di comando potrebbero essere proprio quelle con attitudini più dure . In effetti – considera l’Economist – ci sono molte leader donne che hanno una gestione dura tanto quanto e anche più di quella dei colleghi uomini.
La seconda. Fa riferimento ad uno studio norvegese del 2013, che rileva che gli stili di leadership maschile e femminile non differirebbero e constata che in effetti i manager sia uomini che donne sono perfettamente capaci di adattare il loro stile alle circostanze e alle esigenze del caso.
La terza. Manca una evidenza sul fatto che laddove c’è una leadership femminile la performance aziendale sia migliore. E a questo proposito cita diversi studi secondo i quali l’effetto economico della gestione femminile sarebbe indifferente o negativo.
Il settimanale conclude quindi avvertendo del rischio di analisi parziali e imprecise in realtà sviate da un pregiudizio politically correct, che rischiano di sortire l’effetto di rafforzare gli stereotipi e quindi i pregiudizi sui tipi di lavoro per i quali le donne sarebbero più adatte.
L’articolo ha a nostro avviso il pregio di sottolineare la grande differenza tra donne e il rischio di applicare nel femminile criteri di analisi piuttosto tendenti alla generalizzazione e più adatti per certi versi all’universo maschile. Ha inoltre il pregio di mettere in guardia sugli effetti di segregazione del politically correct.
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