Per orientarsi nelle difficoltà legate all’essere donna oggi può essere utile ascoltare una conferenza, leggere un articolo, vedere un film, partecipare a un dibattito.
Philippe De Georges, Mères douloureuses. L’enfant cristallise leurs tourments, di , Ed. Navarin, Le Champ freudien, 2014
Alle Madri che soffrono è dedicato questo bel libro di un noto psicoanalista francese. Al cuore della relazione tra una madre e suo figlio, là dove il discorso comune tesse l’elogio della soddisfazione e del legame armonioso, può sorgere invece il dolore. Un’ombra malefica ed angosciante può manifestarsi. Pensieri, immagini, sogni di perdita e morte possono imporsi, alla mente di una madre, come una forza estranea che si trascina dietro un corteo di angoscia e colpa che parassita la quotidianità . Nel punto supposto più connaturale, in assoluto, all’essere femminile può manifestarsi una spinta, un moto inconscio che strappa il soggetto dalla sua volontà, dal senso comune per lasciarlo in balia di un incontro con il proprio figlio che non rientra affatto nella categoria della felicità.
E’ questa non linearità che il libro di P. De Georges vuole valorizzare e al contempo interrogare, supportato una logica che ha radici profonde nel discorso psicoanalitico e attraverso una scrittura semplice e diretta che accompagna la lettrice nel dispiegamento della complessità di intrecci e piani che rendono così pulsante il legame tra una madre ed un figlio. Una scrittura rispettosa della lettrice quanto una fratellanza nell’ascolto, con cui l’autore ha accolto la richiesta di aiuto di tre madri, la cui storia costituisce il cuore di questo libro.
Un’ultima nota Méres douloureuses -Madri sofferenti accompagna la lettrice a un altro spunto di riflessione importante: il problema non è l’estraneità che sorge nell’intimità di tale legame, semmai il modo in cui viene catalogato, fatto rientrare in una decifratura universale e le conseguenti ricadute sui soggetti in gioco. Il discorso medico e psicologico contemporaneo fa precipitare velocemente le difficoltà materne sotto l’etichetta di madri depresse e colloca i figli sofferenti, in nome di un’automaticità stereotipata, sotto l’egida di: iperattivi, DSA, delinquenti, caratteriali, ribelli, incapaci di inserirsi nei gruppi. A madre depressa… figlio sintomatico. La diagnosi, che riguardi la madre o il figlio, prende il valore di una sentenza: viene proposta una trasmissione diretta e lineare. A tale sentenza corrisponde un trattamento altrettanto standardizzato quanto la diagnosi.
L’ascolto psicoanaliticamente orientato di P. De George prende in contropiede l’evidenza alienante di queste diagnosi ed è un bell’esempio di come si possa riuscire a fare dell’incontro con l’estraneità e con la sofferenza di un figlio un’opportunità: una madre può interrogare i suoi personali tormenti, i suoi fantasmi più opachi, per sottrarsi alla morsa di un destino comune ed irreversibile.
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