Per orientarsi nelle difficoltà legate all’essere donna oggi può essere utile ascoltare una conferenza, leggere un articolo, vedere un film, partecipare a un dibattito.
Il mobbing può avere conseguenze drammatiche sia per una donna sia per un uomo. Si tratta di un fenomeno che colpisce i lati più deboli del soggetto e che può portare a esperienze di disperazione. Per questa ragione è importantissimo trovare qualcuno che ci capisce e sostiene nel momento in cui ci sentiamo prese di mira. Ma, come nasce questo fenomeno, come mai spesso è indirizzato a persone di genere femminile e soprattutto, come se ne può uscire?
È un fatto comune a molti il bisogno di sentirsi apprezzati per certi aspetti di cui si è portatori, identificazioni in cui ci si riconosce e che spesso sono state proposte dalla famiglia d’origine come espressioni del valore di una persona. Al tempo stesso è molto comune l’esperienza di non sentirsi all’altezza delle identificazioni che si portano, vedersi mancanti e per certi versi insufficienti rispetto a ciò che si vorrebbe realizzare e verso cui ci si sente tuttavia votati.
All’interno delle organizzazioni di lavoro circolano delle fantasie simili a quelle individuali che talora possono essere considerate vere e proprie fantasie dell’organizzazione stessa. Ci sono valori dell’organizzazione (non coincidenti con quelli dichiarati negli statuti e negli atti di fondazione) che generalmente derivano dalla storia che ha dato vita all’organizzazione, ma al tempo stesso generalmente c’è nell’organizzazione l’inconscia convinzione di una inadeguatezza di fondo ai valori condivisi.
In certe circostanze più che in altre, l’organizzazione tende a ricercare al proprio interno qualcuno che possa incarnare i connotati di insufficienza e inadeguatezza di cui l’organizzazione si sente portatrrice. Si tratta di un meccanismo che ha il vantaggio di localizzare il problema su alcuni singoli permettendo agli altri di sentirsi meno toccati dalla cosa, esenti e meno responsabili rispetto a ciò che non va. Si tratta di meccanismi che se non affrontati nelle loro cause, tendono in certe organizzazioni, a riprodursi periodicamente.
Se le fantasie di insufficienza sono presenti sia dal lato maschile che dal lato femminile, cosa fa sì, allora, che vi sia una prevalenza di donne vittime di mobbing? Cosa collabora in questa scelta di genere?
Le donne sono meno omologate. Basti guardare l’abbigliamento, che per le donne nelle organizzazioni deve certo rispondere a dei canoni di massima, ma è molto lasciato alla libera interpretazione, mentre per gli uomini è spesso molto più standardizzato. C’è nel femminile qualcosa che si oppone fermamente alla omologazione e questo ha per conseguenza che spesso una donna si trovi di fronte a due alternative: o semplicemente restare un po’ al di fuori dai canoni condivisi, non assumerli pienamente su di sé, oppure – cercando di omologarsi il più possibile e di incarnare la performance e l’abnegazione richiesta a tutti – andare incontro a una sofferenza profonda, a un senso di disappropriazione da sé, di rinuncia a qualcosa di sé che ella stessa avrebbe difficoltà a definire, ma che tocca il più intimo della vita, portando spesso dei segni di sofferenza e disagio abbastanza evidenti, che dal lato maschile non si trovano. È come se una donna restasse sempre un po’ altra da sé e tradisse questa alterità anche sul posto di lavoro, sempre un po’ altra dalla posizione che occupa, in quanto non tutta “Dirigente” o “Funzionaria” o quel che sia…
Questa resistenza alla omologazione ha come conseguenza che spesso “far fuori” una donna significhi far fuori quella donna specifica, con le sue caratteristiche molto peculiari, nelle quali in pochi si riconosceranno. La cosa è più tollerabile per tutti. L’effetto sull’organizzazione dell’espulsione di un singolo, difficilmente identificabile con chi resta, è meno grave in termini di disaffezione del personale, ma più in generale si può dire che è una scelta più comoda per ognuno dei player: ognuno rischia meno un danno di reputazione se offende o attacca qualcuno che è già un po’ fuori dal coro. Inoltre non essendo una donna “tutta” nel lavoro, spesso non le si toglie l’unica cosa che ha o la cosa più importante, in tanti casi ci sono delle altre dimensioni che le restan, la più classica è quella della maternità, e questo può consolare un po’ tutti. C’è forse da aggiungere un’altra considerazione: ci sono dei motivi -che approfondiremo altrove- per cui il femminile facilmente provoca, sia negli uomini sia nelle donne, adorazione o disprezzo e generalmente l’adorazione è riservata alle figure materne o a rappresentanti di una qualche forma di castità. Quindi anche questo è uno degli elementi che facilita la scelta di genere nel mobbing.
Come si è detto, è molto comune l’esperienza di sentirsi mancanti e insufficienti rispetto a ciò che si vorrebbe essere. Più precisamente vi sono delle fantasie – che ognuno articola a modo proprio e caratterizza per alcuni aspetti e non altri – che vedono il soggetto inadeguato, manchevole. Nelle vittime di mobbing si sono sempre in qualche modo attivate queste fantasie. In altri termini, la vittima di mobbing attraverso le sue fantasie, collabora sempre inconsciamente con il suo aggressore.
Inoltre anche nella vittima di mobbing, anche in quella di genere femminile, può essere inconsciamente presente una punta di disprezzo per la femminilità di cui è portatrice, cosicché le donne finiscono per collaborare più degli uomini al divenire vittima. Lo fanno senza rendersene conto, per questo è necessario – e possibile – che siano loro stesse a disinnescare il meccanismo, se si fanno aiutare da Alia su questo e capiscono la dinamica del processo di cui sono vittime.
Per uscire da questo fenomeno (se il processo non è già in fasi troppo avanzate) o semplicemente per ridurne gli effetti psichici devastanti sulla propria autostima – anche in futuro – è sempre necessario fare un lavoro su di sé che permetta di arrivare a conoscere approfonditamente le proprie fantasie inconsce, in modo da arrivare a disinnescare la propria complicità inconsapevole con le fantasie organizzative, ma al tempo stesso di riconoscerle e di rendersi conto della posizione in cui ci si può essere messa. Badate bene che stiamo parlando di fantasie e pregiudizi inconsci, quindi è ovvio che una se ci pensa non li trova in sé, perchè non arrivano alla consapevolezza. E’ per questo che è necessario rivolgersi a uno specialista competente per trovare quali sono e come agiscono.
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