Per orientarsi nelle difficoltà legate all’essere donna oggi può essere utile ascoltare una conferenza, leggere un articolo, vedere un film, partecipare a un dibattito.
*Una persona può trovarsi relegata in solitudine e non essere capace di stare sola. Allora soffre e soffre tanto.
Ma esiste anche quella che chiamiamo solitudine positiva.
Molte persone acquisiscono la capacità di godere della solitudine prima di superare l’infanzia e giungono persino ad apprezzare la solitudine come un bene prezioso.
La capacità di stare da soli è un fenomeno altamente raffinato, che nello sviluppo di una persona si presenta nella forma più evoluta dopo l’istituirsi di relazioni significative con qualcuno che è estraneo alla diade madre-bambino. Ma è anche un fenomeno del primo periodo di vita al quale va dedicata particolare attenzione perché la forma raffinata della solitudine si fonda su di esso.
Sebbene molti tipi di esperienza contribuiscano alla formazione della capacità di essere soli, ve n’è uno che è fondamentale e senza il quale tale capacità non si instaura. E’ l’esperienza di essere solo, da infante e da bambino piccolo, in presenza della madre. Infatti la capacità di essere soli ha un fondamento paradossale, e cioè l’esperienza di essere soli in presenza di un’altra persona. Questo si verifica di norma in un momento molto precoce nella vita di ognuno, quando l’immaturità psichica è tale da poter essere equilibrata solo dal sostegno di un altro apparato psichico che in genere è fornito dalla madre.
Con il passar del tempo il bambino prende dentro di sé le funzioni psichiche di sostegno della madre e in questo modo diventa capace di esser solo senza aver bisogno di far troppo riferimento alla madre o agli oggetti che la rappresentano.
Può accadere che un bambino si senta solo anche se la madre è fisicamente in casa o nella stessa stanza, perché non la sente presente. Questo effetto può dipendere da tante cose, ma qualsiasi sia la causa esso lascia nel bambino uno scoramento abissale, una sensazione di essere solo al mondo e senza protezione che è denso di conseguenze per il suo futuro e metterà capo tra l’altro alla impossibilità a stare da solo.
Esiste la paura di essere soli, esiste il desiderio di essere soli e infine la capacità di essere soli. Esiste anche lo stato di ritiro, una organizzazione difensiva che implica l’attesa di essere disturbato e perseguitato. Ma qui ci interessa la solitudine positiva.
La solitudine positiva implica che il bambino abbia prima avuto la possibilità di costruirsi la fiducia nell’esistenza di un ambiente benigno.
Il presupposto di questa fiducia è che sia già avvenuta l’integrazione del soggetto in un’unità, altrimenti non avrebbe senso riferirsi a lui come differenziato dall’ambiente esterno.
Questo punto può essere illustrato ponendo attenzione alla frase “Io sono solo”.
Innanzitutto c’è la parola “Io”, che implica un notevole sviluppo psichico. Cioè implica che il soggetto sia strutturato come unità, che l’integrazione delle sue funzioni sia ormai un dato di fatto. Implica che il mondo esterno sia stato riconosciuto come esterno e che sia diventato possibile un mondo interno, con le sue fantasie (diverse dalla realtà), i suoi pensieri e le sue emozioni.
Poi c’è la frase “Io sono”, che rappresenta uno stadio ulteriore dello sviluppo soggettivo. Queste parole danno all’individuo non solo una forma ma anche vita. L’individuo può realizzare lo stadio dell’ Io sono solamente perché esiste un ambiente che lo protegge.
Viene poi la frase completa “Io sono solo”, questo ulteriore stadio implica l’apprezzamento da parte del bambino della continuità dell’esistenza della madre durante la sua assenza. Si tratta della possibilità di costruire la fiducia in una madre attendibile, che certamente tornerà dopo essersi allontanata. Questa attendibilità rende possibile al bambino di essere solo e di godere il proprio essere solo, per un tempo limitato.**
Avere fiducia nella presenza di qualcuno anche durante la sua assenza è ciò che rende possibile godersi la solitudine. Questo qualcuno con la crescita non ha più bisogno di essere qualcuno in carne e ossa, ma diviene qualcuno in astratto, rappresentante di quell’aspetto dell’umana natura che ci rende capaci di interessarci all’altro e di assisterlo.
Quando la capacità di stare soli non fa parte del proprio bagaglio di esperienze, può essere acquisita. L’esperienza di una psicoterapia serve a fare quei passaggi soggettivi che le vicissitudini della vita non ci hanno consentito.
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